Sfilano talenti locali. Mancano grandi, ma obiettivo è rilancio
(di Cristiana Missori)
BEIRUT – Un trionfo di ricami e cristalli, pizzi e chiffon, volumi, trasparenze e colori intensi: un cocktail di lusso e esuberanza. A sfilare sulle passerelle della Settimana della moda di Beirut (fino al 23 ottobre) è una donna che cerca l’eleganza ma che vuole apparire e stupire, moderna e seducente, secondo i canoni mediorientali.
La terza edizione de La Mode à Beyrouth Fashion Week (LMAB) presenta le collezioni realizzate da stilisti libanesi già avviati o emergenti, il cui sguardo pare, spesso, essere rivolto alle creazioni di grandi couturier della Ville Lumière, in particolare, a quelle firmate dal decano della Haute Couture libanese, Elie Saab, da anni tra gli stilisti più amati dalle star di Hollywood. Ideata dall’uomo d’affari libanese Johnny Fadlallah e patrocinata dai ministeri della Cultura e del Turismo, la settimana del fashion della ‘piccola Parigi del Medio Oriente’ ha un obiettivo: “quello di riportare il Paese a essere la capitale della moda in Medio Oriente e ridare fiducia al pubblico libanese”, spiega ad ANSAmed Fadlallah. Malgrado gli anni di economia stagnante e instabilità politica interna e regionale, estro e creatività, capacità di reinventarsi e risorgere dalle proprie ceneri, sempre, in questo angolo di Mediterraneo orientale non mancano. La grande forza sono i giovani. “E proprio sulle loro energie, abbiamo voluto puntare, dedicando loro una intera giornata con la Beirut Young Fashion Designers Competition”. In giro per i Paesi arabi sono ormai tante le settimane dedicate al fashion: da Dubai – che regna incontrastata – a Tunisi, fino a Casablanca e presto Marrakech. E a da novembre anche il Cairo, dove “dal 21 al 23 novembre prossimi riproporremo il nostro concept ai nostri partner egiziani con cui abbiamo siglato un accordo. Presto, avverte Fadlallah, ”tutti ci seguiranno in questo format”. Da Beirut, fa sapere il fondatore della manifestazione, A mancare in queste cinque giornate libanesi sono però i grandi nomi noti in tutto il mondo: da Saab a Rabih Kayrouz, da Zuhair Mourad a Georges Chakra e Georges Hobeika, fino alla giovane promessa di origini armene, Krikor Jabotian. Per ora restano a guardare, per capire che strada prenderà la manifestazione. Un’assenza che lascia perplessi anche i compratori stranieri. Grossi nomi che operano sul mercato del retail del lusso come Harvey Nichols o Lambert & Associates, che dalle sedi a New York, Londra, Parigi, Milano e Firenze, decide cosa far acquistare alle grandi catene, dettando cosa andrà di moda. “Avremmo voluto vedere più giovani e meno maison già avviate”, spiega Mathilde de Saint Anthost, account manager di Lambert & Associates. Chiedono maggiore originalità e modelli più appetibili. “I modelli proposti a Beirut possono andare bene per il mondo arabo più che per quello occidentale”, aggiunge. I talenti ci sono, sostengono, ma gli sforzi vanno canalizzati.
“Molte cose devono ancora migliorare. Non si può diventare Parigi o Milano in poco tempo. Serve maggiore umiltà”. Alcuni savoir faire, conclude, potrebbero far parlare di sé in futuro, mentre quelli che hanno raggiunto la fama internazionale “avrebbero potuto prestarsi al gioco e sostenere lo sforzo del Paese”, conclude. Quello che conta, come sostengono gli stessi promotori, “è veicolare un messaggio di speranza” per un Paese dove in qualsiasi istante le lancette del tempo possono tornare indietro.
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