Dopo oltre due anni di “vuoto presidenziale”, il Parlamento libanese elegge questo lunedì 32 ottobre il nuovo presidente. I diversi schieramenti politici hanno trovato la convergenza sull’ex generale Michel Aoun, cristiano maronita e leader del Movimento Patriottico Libero, che potrebbe ottenere la maggioranza necessaria già al primo turno. Nel Paese, multiconfessionale, la legge garantisce rappresentanza politica alle diverse confessioni religiose, stabilendo che il capo dello Stato debba essere un cristiano maronita, il presidente del Parlamento uno sciita e il presidente del Consiglio dei ministri un sunnita. Sulla quasi certa elezione di Michel Aoun, Elvira Ragosta ha intervistato Camille Eid, giornalista libanese e collaboratore del quotidiano Avvenire:
R. – Michel Aoun è l’ex comandante in capo delle Forze libanesi, ha guidato un governo alla fine del mandato del presidente Amin Gemayel, nel 1988, ed è stato soprattutto protagonista della cosiddetta “guerra di liberazione” del Libano dall’occupazione siriana che lo ha portato all’esilio 26 anni fa, il 13 ottobre del ’90, perché le forze siriane hanno occupato il palazzo presidenziale di Baadba, costringendolo a un lungo periodo di esilio che è terminato nel 2005. Quindi Aoun è tornato in Libano quell’anno, ha guidato questo movimento politico che l’ha portato, dopo 11 anni, a diventare il nuovo presidente del Libano.
D. – Come si è giunti alla convergenza delle forze politiche su questo nome?
R. – Non è stato un processo facile nel senso che Aoun, candidato dalla prima ora, prima aveva il consenso della propria coalizione detta “8 marzo”. Poi c’è stata una prima mossa da parte della coalizione rivale nel gennaio di quest’anno quando il suo principale rivale, Samir Geagea, ha ritirato la propria candidatura, un gesto che ha riunito i ranghi cristiani. Fino al 19 di questo mese, quando Saad Hariri, il leader del maggior gruppo parlamentare libanese Al-Mustaqbal, ha dato il suo appoggio ad Aoun, considerato prima un rivale politico. Quindi, alla fine, sommando i voti di questi diversi gruppi parlamentari Aoun potrà garantire circa 80 o qualcuno dice anche 90 voti e potrà essere eletto fin dal primo turno.
D. – Il mancato accordo dei partiti aveva lasciato il Libano senza presidente per oltre due anni. Quanto è pesato al Paese questo vuoto dal punto di vista sociale ed economico?
R. – Tantissimo, anche per l’impatto politico, perché il Libano è l’unico Paese arabo ad avere un presidente cristiano per Costituzione. E questo ha privato i cristiani non solo del Libano ma del Medio Oriente o del mondo arabo ad avere un loro rappresentante. Dal punto di vista sociale l’impatto è stato enorme perché il Libano ha dovuto gestire l’enorme crisi dei profughi siriani che in Libano sono circa un milione e mezzo in questo vuoto istituzionale: non solo la carica del presidente ma perché abbiamo un parlamento che ha auto-rinnovato il proprio mandato due volte e abbiamo un governo che non si riunisce o si riunisce sporadicamente per diversi problemi interni. Quindi il Libano andava avanti senza una vera gestione del potere.
D. – L’elezione del nuovo presidente che ruolo darà al Libano nella geopolitica del Medio Oriente?
R. – Anzitutto ristabilisce un equilibrio di potere tra cristiani e musulmani. Per la prima volta abbiamo una figura rappresentativa a livello cristiano – anzi è la maggiore figura rappresentativa perché il generale Aoun è anche leader di un gruppo parlamentare che conta 23 deputati – e abbiamo quindi un presidente “made in Lebanon” e non concordato tra ambasciatori o Paesi arabi o occidentali che siano. E questo è un buon segnale per questo periodo di divisioni in tutto il Medio Oriente. Chiaramente non pensiamo che poi la semplice elezione risolverà tutti i problemi perché poi si porrà il problema della formazione di un nuovo governo, delle elezioni parlamentari: però è un buon inizio.