Che cosa succede davvero in Libano? L’articolo di Alberto Negri, già inviato speciale di esteri
Il Libano crolla ma nessuno se ne accorge. È in atto una grande fuga da Beirut che in queste settimane è stata oscurata da quella di Kabul. Il Paese dei Cedri è in preda della sua peggiore crisi economica e politica degli ultimi 30 anni che lo ha costretto a dichiarare default a marzo 2020. Una lunghissima crisi politica impedisce dal 2019 la formazione di un governo stabile capace di approvare le riforme auspicate dalla comunità internazionale per dare il via al piano di aiuti.
Beirut sta piombando nel buio e deve fronteggiare la penuria di energia elettrica e di combustibile. La lira libanese (Lpb) perde ogni giorno valore: più del 90% dal 2019 a oggi. Chi ha ancora la fortuna di avere un lavoro retribuito, anche statale, non può permettersi nemmeno di comprare il necessario per vivere. Se prima percepiva, per esempio, 1000 dollari oggi arriva a malapena a 50. Questi sono i nuovi poveri del Libano. Circa il 60 per cento dei libanesi vive oggi in povertà, il che avvicina il paese alla media di circa il 70 per cento dei cittadini del mondo arabo che sono poveri o esposti alla povertà, secondo i dati delle Nazioni Unite.
Da settimane mancano acqua, elettricità, benzina, medicinali a causa dell’assenza di soldi per acquistare le materie prime. La crisi economica emersa in tutta la sua gravità due anni fa e aggravata dalla pandemia e dalle sanzioni Usa alla vicina Siria, morde ogni giorno di più. E la politica non riesce a trovare la via per formare un nuovo governo. Sono sempre di più gli episodi di violenza, legati all’aumento di tensione sociale specialmente nelle aree più depresse del paese: incidenti e scontri, anche con armi da fuoco, per avere la priorità nelle lunghe code ai benzinai, ai fornai o alle cisterne d’acqua.
Non si sa come sa come alimentare le centrali elettriche, i generatori di corrente e le pompe idrauliche. Un primo carico arriverà la settimana prossima dall’Iraq passando per gli Emirati. Il governo dimissionario di Beirut negozia con Damasco il passaggio, attraverso il territorio siriano, di energia elettrica dalla Giordania e con l’Egitto la fornitura di gas naturale. Mentre i vertici del movimento sciita libanese filo-iraniano Hezbollah confermano l’arrivo nel porto di Beirut, teatro della spaventosa esplosione del 4 agosto 2020, di un carico di petrolio dall’Iran. Ma il governo smentisce, anche perché impegnato a rispettare il regime di sanzioni Usa contro le importazioni dall’Iran.
Il Libano muore soffocato, strangolato. La mancata erogazione di energia elettrica per i respiratori in maniera continuata mette a rischio la vita di tanti pazienti _ non solo quelli ricoverati per il Covid _ in terapia intensiva. Mancano anche le medicine per curare le malattie croniche come il diabete. Altra emergenza è rappresentata dalla penuria di latte per i bambini.
La priorità, sottolinea la Caritas internazionale, è riuscire a trovare da mangiare ogni giorno. Gli scaffali dei supermercati sono completamente vuoti, il costo dei beni di prima necessità è più che quintuplicato, oltre il 70% delle famiglie è al di sotto della soglia di povertà. L’ultimo allarme, lanciato qualche giorno fa da Save the Children, riguarda i più piccoli: la quantità di cibo in tavola per i bambini in Libano si riduce di giorno in giorno, denuncia l’organizzazione, che spiega come una razione di pane per un mese faccia arretrare le famiglie di quasi la metà del salario minimo mensile e di come le “famiglie più povere abbiano probabilmente bisogno di almeno due sacchi di pane al giorno a causa dell’impossibilità di permettersi cibi nutrienti come riso, lenticchie e uova”.
Una fascia dei libanesi riesce ad andare avanti grazie agli aiuti economici che arrivano da amici e parenti che vivono all’estero, diversamente sarebbero alla fame. E anche le scuole sono al collasso, in un Paese che brillava un tempo per il suo livello di istruzione.
Tutti quelli che possono scappano. Solo negli ultimi mesi si stima che siano emigrati all’estero oltre 1.100 medici e circa 1.000 insegnanti: un disastro per un Paese di poco più di tre milioni di abitanti che ospita centinaia di migliaia di profughi, da quelli storici come i palestinesi ai siriani. L’esodo coinvolge anche molti cristiani e che potrebbe metterne a rischio la presenza: senza di loro il Libano perderebbe una parte assai significativa della sua storia e della sua cultura.
Ma a parte gli appelli del Papa, sembra che il Libano non interessi a nessuno: un grave errore umanitario ma anche geopolitico. Lo pagheremo.
(Articolo pubblicato sul profilo Facebook di Negri)
fonte Start Magazine