Le elezioni comunali Libanesi non sono ancora finite, ma già si può considerare che il Movimento Patriottico Libero ha vinto la scommessa imposta sulla scena politica come giocatore importante e indispensabile.
Molte lezioni possono essere tratte al livello del Libano, ma è importante vedere che queste elezioni fino ad oggi, inviano due messaggi principali all’indirizzo della comunità internazionale che segue da vicino la situazione in Libano.
Il primo messaggio deliberato dalle battaglie di Zahle, Jounieh e Hadath, hanno imposto il generale Michel Aoun come la figura più rappresentativa tra i cristiani in generale e, in particolare, i maroniti. La battaglia di Jounieh, capitale del Kesrwan, il cuore della montagna maronita, è stata magistralmente giocata contro Michel Aoun, perché la sua sconfitta poteva essere molto simbolica e sarebbe stata una carta vincente nella discussione di negare la sua candidatura per la presidenza. Un’alleanza eccezionale dei leader cristiani, anche delle Forze Libanesi, riuniti di fronte al generale, con un maggiore sostegno finanziario mai visto (stiamo parlando di 50 milioni di dollari spesi). La popolazione cristiana locale è stata in grado di contrastare il piano e ha confermato il generale come leader indiscusso.
La battaglia di Jounieh deve essere visualizzata anche in combinazione con altre battaglie simboliche in cui la posta in gioco era alta, come a Zahle (Prima città orientale cattolica) e Hadath, tra gli altri, ha confermato questa stessa tendenza.
Il secondo messaggio, deliberato dalla battaglia di Beirut, è quello del pragmatismo politico. Attraverso un patto contro natura, il Generale ha voluto confermare ai suoi contatti libanesi e internazionali, che egli è in grado e disposto a prendere in considerazione le realtà sul terreno, pur mantenendo i suoi valori e suoi perni. Egli sa che la situazione geopolitica libanese e regionale richiede a tutti un riconoscimento dell’altro, anche se riconosce i suoi difetti e le sue mancanze, e richiede un atteggiamento di realismo politico responsabile e consapevole per evitare scontri comunali inutili.
Questi due messaggi devono essere presi sul serio e profondamente dalla comunità internazionale che è preoccupata di trovare una soluzione alla crisi delle elezioni presidenziali libanesi. In questo regime di Taef, imposto al Libano nel 90, è indispensabile rispettare la scelta del rappresentante di ogni comunità in posizioni chiave del potere. I Sunniti scelgono il primo ministro, gli sciiti, il presidente del parlamento, ai cristiani spetta di avere l’ultima parola nella scelta del Presidente della Repubblica. Questo è particolarmente vero in questa situazione regionale infiammata, dove i cristiani sono particolarmente minacciati nella loro vita, la loro presenza e le loro proprietà; quindi è essenziale rafforzare i cristiani libanesi in quest’unico paese dell’oriente, dove la presidenza spetta a questa comunità.