Intervista di Katia Cerratti
È il padre della scena musicale underground libanese, la CNN lo ha inserito tra i personaggi che hanno illustrato la cultura del suo paese nel mondo, ha raggiunto il successo autoproducendosi, distribuendo i suoi CD porta a porta e suonando nei piccoli locali di Beirut. È Zeid Hamdan, musicista e produttore che da quando aveva 12 anni, ha cominciato ad esplorare il mondo dei suoni della sua splendida terra, il Libano. La guerra civile non lo ha piegato, ha vissuto a Parigi per sei anni e ha conosciuto la musica dei Doors, dei Beatles, la hip hop. Pian piano è arrivato al successo, ottenuto senza il mezzo televisivo, soprattutto sul web e in particolare sui social. Zeid non si sente popolare ma semplicemente un artista che ama sperimentare, scoprire nuovi talenti, puntare sui giovani, su quelli che come lui, non sono sponsorizzati da nessuno. Non ama il concetto di frontiere perché si sente cittadino del mondo ma ama molto il suo paese ed è a Beirut che continua a produrre la sua musica e a scoprire nuovi suoni e nuovi talenti. Ha festeggiato 40 anni pochi giorni fa alla Station di Beirut, insieme a molti gruppi che con lui hanno collaborato negli anni. L’intero incasso è stato devoluto a Nawaya Network, organizzazione che si occupa di dare una mano ai giovani talenti che non hanno risorse economiche. Cosa è cambiato in questi ultimi anni nella sua vita, nella sua musica e nel suo paese, ce lo racconta in questa intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa.
Nella nostra ultima intervista, nel 2011, mi hai raccontato che devi la tua carriera alla guerra civile e ai problemi che caratterizzano il mondo arabo, avendola vissuta come un’opportunità perché la gente vuole incontrare e capire un artista che viene da ambienti problematici. A distanza di 5 anni, cosa è cambiato nella tua vita?
Purtroppo, ciò che è cambiato è che l’instabilità politica e i conflitti oggi si estendono fino in Europa, i vostri lettori di cinque anni fa possono meglio comprendere cosa significhi vivere nella paura e nell’insicurezza, che è brutto certo ma è anche una chance per la mia musica di essere ascoltata e capita.
E come è cambiato il Libano?
Il Libano non è cambiato molto, la classe politica mafiosa è invecchiata e non ci si stupisce più dei problemi quotidiani legati alla corruzione e alle armi.
Hai appena compiuto 40 anni, evento che hai festeggiato il 24 luglio scorso con una serata speciale live alla Station Beirut, insieme ad artisti che hanno accompagnato il tuo percorso professionale, dai Lombrix degli esordi, a Heba Mansouri, the Wings e molti altri. Una rimpatriata che riassume un po’ le tappe più importanti della tua vita di artista. Da cosa nasce questa esigenza, oltre a voler devolvere l’incasso a Nawaya Network? È un po’ come tirare le somme?
Ho sempre collaborato con artisti che ho amato sinceramente e con i quali ho avuto dei rapporti intensi e profondi, riunirli per il mio compleanno è stato come ritrovare quell’atmosfera familiare che non si ha più tanto in seno alla nostra attuale scena underground. Quasi la metà dei gruppi presenti hanno presentato i loro nuovi progetti, Marc Codsi e la sua fidanzata Zalfa Seurat, hanno suonato per la prima volta dal vivo (stanno preparando un album), come Ziad Sidawi e Lana Moussa. Il gruppo siriano Tanjaret Daghet che mi accompagna con The Wings, ha suonato il nuovo album, Nabil Saliba (aka el Rajoul el hadidi), ex batterista dei New Government, ha suonato il suo recente duo electro con Chyno. Ho inoltre presentato alla gente una nuova cantante, Marie Abou Khaled e al di là dell’aspetto nostalgico, la gente ha potuto scoprire nuova musica, nuovi suoni a venire per quest’anno. Viaggiare musicalmente, scoprire nuovi orizzonti è davvero ciò che mi motiva. Amo inoltre il concetto della festa solidale, in questo periodo buio della nostra storia mi sento meglio se, facendo feste per la solidarietà, aiuto i giovani che hanno bisogno. È per questo motivo che ho voluto devolvere i proventi della serata a Nawaya.org.
Essere musicisti indipendenti a Beirut non è facile, ti sei autoprodotto e hai incontrato molte difficoltà, incidenti di percorso come l’arresto nel 2011 per il tuo video “General Suleiman” Attualmente quale è la situazione in Libano in termini di libertà d’espressione artistica e sociale?
Il Libano, paragonato al resto del mondo resta un’isola di libertà, ci sono talmente tante comunità con costumi differenti che i Libanesi sono obbligati a rispettare le opinioni degli altri, contrariamente agli altri paesi arabi che sono dittature a malapena mascherate.
Il tuo è un successo anche internazionale, recentemente la CNN ti ha inserito tra gli otto protagonisti della cultura libanese. La tua musica però non è stata apprezzata subito, i Soap Kills forse sono più amati oggi. Che tipo di rapporto hai con il pubblico e in particolare con il pubblico libanese, con il quale condividi le note vicende socio politiche?
Sinceramente non credo di avere un successo popolare nazionale o internazionale. Se alcuni giornalisti nel mondo apprezzano il mio lavoro e riconoscono la qualità delle mie produzioni, questo non si è mai tradotto in termini di cifre. Esplorando un po’ le mie piattaforme sul web, i vostri lettori vedranno sicuramente molti articoli, ma relativamente molto pochi se paragonati alle star della canzone araba o internazionale. La mia musica non passa attraverso la radio o la televisione nel mondo arabo, non posso quindi avere impatto sulla scena.
So che non ami il concetto di “frontiera” e che ti senti cittadino del mondo, ma di certo ti sei fatto un’idea di quanto accaduto in Siria, Iraq e Egitto. Quanto influisce sui tuoi testi e sulla tua musica l’instabilità politica e geopolitica degli ultimi anni in questi paesi?
Ovunque nei miei testi si trovano riferimenti a situazioni di crisi, come Lola o Hkini, una coppia non arriva mai a incontrarsi perché una barriera li separa, perché la strada è tagliata, perché si viaggia. C’è sempre un’occhiata alla situazione, attingo al drammatico per scrivere canzoni d’amore che hanno un contesto reale.
Il Libano è un Paese senza presidente. Cosa ne pensi?
I libanesi ormai non se ne curano più, sono disgustati dal livello di corruzione, convivono talmente con la situazione che, con o senza presidente, non cambia niente per noi.
Nawaya.org , è nata per dare una chance ai giovani di talento che non hanno mezzi. E a te, chi ha dato la possibilità di diventare quello che sei oggi, vale a dire Zeid Hamdan, vale a dire, per usare le parole dei tuoi amici «un pioniere senza il quale la scena underground e alternativa di Beirut non sarebbe esistita in questo modo» ?
Io devo tutto in primo luogo alla mia famiglia che mi ha sempre incoraggiato, a Yasmine Hamdan che ha costruito con me la nostra carriera, agli artisti che si sono fidati di me e ai miei fans che mi hanno protetto e mi sostengono. A 40 anni sono soprattutto mia moglie e mio figlio che mi danno la voglia di creare delle belle cose e di essere un’ispirazione per loro.