Il vicario generale approva la scelta del leader del Movimento patriottico libero per mettere fine alla vacanza della prima carica dello Stato. Secondo mons. Sayyah egli “gode del sostegno della maggioranza dei cristiani”. L’elezione del presidente favorirà un accordo anche sulla nuova legge elettorale. Ma resta aperta l’ipotesi Franjieh.
Beirut (AsiaNews/Agenzie) – Il patriarcato maronita sostiene l’elezione di Michel Aoun alla presidenza del Libano, per mettere fine a quasi due ani e mezzo di impasse politica che ha portato alla vacanza della carica. Mons. Boulos Sayyah, vicario generale del patriarcato maronita e braccio destro del card. Bechara Rai, sottolinea che è “del tutto normale” promuovere la candidatura di Aoun, perché egli “gode del sostegno della maggioranza dei cristiani”.
Secondo la nota del prelato, rilanciata dal quotidiano libanese al-Joumhouria, lo stesso patriarca maronita sarebbe soddisfatto se la scelta dovesse ricadere sul leader e fondatore del Movimento patriottico libero.
“Gli ultimi sviluppo a livello presidenziale – ha affermato mons. Sayyah – sono promettenti”. In particolare, il vescovo giudica positiva l’attenzione mostrata di recente sulla vicenda dall’ex Primo ministro Saad Hariri. “Il patriarca Rai – aggiunge il prelato – è felice per l’elezione di Aoun e l’ha ripetuto a più riprese” in passato.
Di seguito, il vicario generale ha anche precisato di sostenere “l’elezione di Aoun, ma questo non significa che preferiamo un candidato rispetto ad un altro”. Il riferimento è a Suleiman Franjieh, leader del Movimento Marada, anch’egli in lizza per la poltrona più alta dello Stato.
Mons. Sayyah ribadisce la linea più volte illustrata dal patriarcato, la vicinanza e il sostegno “al presidente che verrà eletto. Detto questo, è normale che Aoun possa diventare presidente perché gode del sostegno della maggioranza dei cristiani, oggi che le Forze libanesi gli sono vicine”.
“L’elezione di un capo di Stato – conclude il vescovo – faciliterà anche un accordo su altre questioni in sospeso, fra cui una nuova legge elettorale”.
Nei giorni scorsi sulla questione era intervenuto lo stesso patriarca Rai, il quale ha ricordato una volta di più che il fallimento della classe politica e dirigente nell’eleggere il presidente apre le porte del Libano all’influenza di potenze straniere, che finiscono per decidere sulle sorti interne del Paese.
Dal maggio 2014, quando è scaduto il mandato di Michel Suleiman, il Paese dei cedri è senza presidente; in questi mesi il Free Patriotic Movement, Hezbollah e loro alleati hanno a più riprese boicottato il voto per il rinnovo della carica, facendo mancare il quorum.
Dietro la mancata elezione lo scontro aperto fra i due fronti rivali: l’8 Marzo (gli sciiti di Hezbollah, vicini all’Iran) e il blocco del 14 marzo (guidato da Saad Hariri e sostenuto dall’Arabia Saudita).
I due principali schieramenti del Paese sono divisi fra il sostegno a Suleiman Franjieh e a Michel Aoun. Finora non si è riusciti a raggiungere un accordo per sbloccare la situazione.