Patriarca Raï: realtà dei profughi compromette identità del Libano

La massa enorme di profughi siriani che hanno trovato rifugio in Libano, rischia di stravolgere gli equilibri e l’identità della nazione libanese, anche perchè le moltitudini di rifugiati che trascinano la loro esistenza in condizioni precarie, e a tratti disperate, rappresentano un potenziale bacino di reclutamento per le organizzazioni terroristiche. E’ questo lo scenario allarmante della situazione libanese e dell’intero Medio Oriente descritto dal Patriarca Bechara Boutros Raï, Primate della Chiesa maronita, in un intervento da lui pronunciato martedì 28 giugno a New York, presso la sede della Catholic Near East Welfare Association, durante la visita pastorale che sta realizzando negli Usa.

Per la crisi dei rifugiati: pace duratura e loro rientro nei Paesi d’origine
Secondo il cardinale  Raï, una soluzione permanente per la crisi dei rifugiati in tutto il Medio Oriente richiede una pace duratura e il loro progressivo rimpatrio nei Paesi d’origine, mentre è da evitare in ogni modo il loro insediamento permanente, in condizioni spesso ai limiti della sopportazione, nelle terre dove hanno trovato rifugio.

All’origine dei problemi del Medio Oriente, il conflitto israelo-palestinese
Nel corso del suo intervento, il patriarca  Raï ha dedicato anche considerazioni articolate al conflitto israelo-palestinese, da lui considerato “all’origine dei problemi del Medio Oriente”. Secondo il Primate della Chiesa maronita, tale conflitto potrà essere risolto solo con “la creazione di uno Stato palestinese accanto a uno Stato israeliano, con il ritorno dei profughi palestinesi, e il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati di Palestina, Siria e Libano “. La separazione tra religione e politica nazionale, “sia per l’ebraismo che per l’islam” – ha aggiunto il Patriarca  Raï – “è una delle condizioni fondamentali per una soluzione politica permanente nella regione”, perchè “i guai iniziano quando si va a discriminare in maniera automatica i cittadini che non confessano la religione dello Stato”. (G.V.)